Meat Free Monday: Cosa vuol dire essere vegani
Quando frequentavo l’Università, ormai sono passati davvero secoli, studiavo Lettere Moderne e una delle mie occupazioni extrascolastiche era quella di scrivere articoli per un settimanale di cronaca locale della mia città natale; ho sempre avuto la passione per i comunicati stampa, gli articoli di giornale e i saggi brevi tanto che negli anni precedenti quando frequentavo il Liceo Classico ero forse l’unica della classe che imperterrita scriveva de i temi stringatissimi perchè non ero proprio capace di perdermi in giri di parole e preferivo di gran lunga seguire la mia scaletta succinta e terminare il mio saggio breve stando nei parametri richiesti invece che compilare pagine e pagine di fogli protocollo senza mai arrivare ad una fine. Adoravo andare alle conferenze stampa, prendere appunti, confrontarli con i comunicati stampa che ci venivano forniti e poi scrivere i miei articoli, ero sempre molto contenta ( si lo so è da presuntuosi) dei miei risultati e mi piaceva altrettanto preparare delle interviste, tanto che adesso che ho riaperto il blog dopo anni di silenzio ho deciso che tra una ricetta e l’altra ci saranno anche spazi come quello di oggi in cui mi confronterò in prima persona con alcune figure sia professionali, sia che ho avuto occasione di conoscere durante il mi percorso o grazie ai social a cui proporre delle mini interviste da riportare qui su The Green Pantry e condividerle con tutti voi.
Come vi avevo annunciato la scorsa settimana in questo post, in occasione della nostra rubrica dedicata al Meat Free Monday, ho scritto una serie di domande per Lucia Valentina Nonna, autrice del libro “Diario di una famiglia vegan“, edito da Anima, e del blog La Balena Volante.
Io e Lucia ci siamo conosciute qualche mese grazie a instagram, ho iniziato a seguirla con sempre maggiore interesse e poi un giorno ho deciso di contattarla, abbiamo iniziato a chiacchierare e ci siamo subito trovate a nostro agio così qualche settimana fa dopo aver letto il suo libro ( ve lo consiglio caldamente, che siate onnivori, già vegani o ancora non sapete che strada prendere!), mi sono presa un paio di giorni per riflettere su quanto avessi letto e poi le ho scritto una mail chiedendole se avesse avuto voglia di rispondere a qualche domanda che avrei voluto inserire proprio in questa rubrica nata dalla volontà di sensibilizzare al consumo di carne, soprattutto rossa e in generale al consumo di proteine animali. Lucia è stata davvero super disponibile e ha accettato di buon grado.
Volevo che per una volta non fosse solo il mio punto di vista a trasparire in queste pagine, ma anche quello di una persona che ha fatto una scelta importante, ovvero diventare vegana dopo un’attenta riflessione e percorso di consapevolezza, e Lucia era la persona giusta per poter trasmettere il suo pensiero in modo molto diretto ma senza essere categorica, è anche quello che più ho apprezzato del suo libro, ovvero questo suo modo dolcissimo e ironico di approcciarsi al mondo, la sua perenne voglia di spiegare le sue motivazioni lasciando a ciascuno il proprio tempo per riflettere e capire che esiste anche la possibilità di vivere in un mondo davvero cruelty free e che le scelte e azioni personali di ciascuno di noi possono davvero fare la differenza.
D. Ciao Lucia e grazie per aver accettato di essere ospite qui su The Green Pantry nella rubrica dedicata al Meat Free Monday, tu conosci questa campagna ideata da Sir Paul Mc Cartney? Cosa pensi della sua idea di promuovere un’alimentazione che preveda la rinuncia alle proteine animali e soprattutto al minor consumo di carne rossa per un solo giorno alla settimana?
R. Ciao Gaia, innanzitutto grazie di cuore per l’opportunità di poter trasmettere degli ideali in cui credo anche al di fuori del mio blog! Rispondendo alla domanda, credo che questa campagna sia uno strumento potentissimo per sensibilizzare le persone verso una maggiore consapevolezza di cosa (o CHI) mettono nel piatto. Oggigiorno lo stile di vita e il contesto in cui viviamo ci hanno reso consumatori passivi di ‘cibo’ la cui filiera è ormai lontana dal nostro sguardo, nascosta dalla distanza, a volte dall’ ignoranza, dall’ indifferenza e da una pubblicità attraente alla quale è difficile resistere… Il Meat free in questo senso può essere un modo per far riflettere sulla nostra scelta alimentare, accendere la lampadina della consapevolezza, solleticare la nostra curiosità su ‘nuovi’ ingredienti e ‘nuovi’ modi di metterci a tavola… anche se, a ben vedere, più che scoprire ‘nuovi’ modi, si tratta di riscoprire una tradizione dimenticata: quella dei nostri nonni, per i quali la carne rappresentava un lusso e un alimento assolutamente sporadico. Quello che mi auguro dal Meat free è che possa avvicinare le persone alla scelta vegan un passo per volta… in fondo smettere di mangiare carne un giorno a settimana è alla portata di chiunque, e poi chissà, potrebbe estendersi anche al resto della settimana!
D. Sappiamo benissimo, anche se effettivamente le notizie non sono così largamente divulgate, che gli allevamenti intensivi sono una delle prime cause di inquinamento nel mondo, ma nonostante questo sembra che nessuno voglia rinunciare alla propria bistecca, secondo te scegliere uno stile di vita vegano come singolo individuo può davvero essere un primo inizio per “cambiare qualcosa” ad un livello più grande?
R. L’allevamento di animali ha un impatto ambientale devastante; e che sia per la produzione di ‘carne’, latte o uova non fa molta differenza. A dirlo non sono piccole realtà animaliste, ma l’ONU, che in un rapporto realizzato dalla FAO, già nel 2006 avvertiva sui danni arrecati dagli allevamenti al nostro Pianeta, con dati a dir poco allarmanti. Eppure è possibile cambiare, a partire dalle piccole scelte quotidiane, come fare la spesa. Oltre a impegnarci nelle nostre vite credo molto nell’ importanza di diffondere questo stile di vita sostenibile attraverso i mezzi di comunicazione a nostra disposizione (anche i social, perché no!) e attraverso il dialogo diretto. Negli anni ho cercato di dialogare con quante più persone, spiegando i perché di questa mia scelta e come portarla avanti, e col tempo ho visto diventare vegane mia mamma (diventata vegan a 63 anni!), il mio compagno (che mangiava principalmente carne rossa, meglio se al sangue), la mia vicina di casa, le mie ex coinquiline, alcune compagne di università, le colleghe di lavoro… insomma una rivoluzione pacifica che ha contagiato moltissime persone!! L’importante è dialogare a cuore aperto, senza puntare il dito né giudicare… la scelta vegan è una scelta innanzitutto di non-violenza, quindi non avrebbe senso usare toni aggressivi o attaccare gli altri perché diversi. Io stessa non sono nata vegana e se ho intrapreso questo percorso è stato grazie a un’amica che mi ha mostrato, attraverso il suo esempio, quanto questa scelta fosse praticabile e sostenibile. A proposito del legame tra inquinamento e allevamenti, se posso, per chi desidera approfondire la questione mi permetto di consigliare la visione di Cowspiracy, un documentario molto esaustivo prodotto da Leonardo di Caprio (per chi ha Netflix lo potete trovare anche lì) e adatto a tutti (non ci sono immagini ‘forti’!), anche ai più sensibili.
D. Ho letto tutto il tuo libro “Diario di una famiglia Vegan” in una sera e ho trovato molta affinità fra quello che è stato il tuo percorso di cambiamento da una alimentazione onnivora ad una vegana, con quello che sto vivendo io in questo momento in cui ancora sono ferma al punto vegetariano. Perché a tuo avviso chi sceglie uno stile di vita vegano viene ancora visto come “quello strambo-hippy-hipster” etc insomma l’alternativo per forza?
R. Io stessa prima di diventare vegana pensavo che i vegani fossero tutti pallidi, emaciati e un po’ hippy. Eppure è pieno di sportivi che seguono una dieta completamente vegetale, come per esempio Carl Lewis, vincitore olimpico nel salto in lungo, Seba Johnson, la prima atleta donna afroamericana ad aver partecipato alle Olimpiadi di Slalom, vegana dalla nascita, o Rob Bigwood, campione di braccio di ferro, vegano dal 2007 (i suoi bicipiti misurano 46 cm di diametro e si nutre di soli vegetali!)… Ci sarebbero tantissimi altri esempi, ma mi fermo qui! Tutti questi sportivi sono delle montagne di muscoli, a testimonianza che il luogo comune che vuole i vegani come esili ed emaciati non ha fondamento. Per quanto mi riguarda ho sotto gli occhi il mio compagno, che è alto 1,84 e a differenza mia è un super sportivo, e posso dire che è tutt’altro che emaciato. Vedendolo così in salute, anche i miei suoceri, che inizialmente erano piuttosto scettici sulla sua scelta veg, si sono ricreduti! Come è accaduto con i miei suoceri, credo che anche l’opinione pubblica stia lentamente cambiando, merito in parte anche delle numerose star che hanno abbracciato questa scelta e che si adoperano per diffonderla (penso a Moby, Morrisey, Joaquin Phoenix e tanti altri), di tutti i libri sul tema che ormai si trovano nelle librerie, degli articoli sulle riviste, dei dibattiti in tv e dei numerosi blog su questo tema che stanno nascendo.
D. La disponibilità di prodotti che rispondono alle esigenze di chi decide di seguire una alimentazione “cruelty free” è aumentata negli ultimi anni tanto che ora moltissimi prodotti sono reperibili anche nella GDO e non solo più in piccoli negozietti di alimentazione naturale e biologica, e grazie a questa maggiore distribuzione anche i costi dei prodotti sono notevolmente diminuiti, io però credo che non tutto quello che riporti la dicitura vegan sia anche sinonimo di sano nel senso che spesso per produrre alimenti che ci diano la sensazione di essere come quelli tradizionali ( es formaggi a fette, wurstel, burger etc) vengono utilizzati tantissimi ingredienti, addensanti etc (basta leggere le etichette kilometriche): tu pensi che tutti questi nuovi alimenti costruiti siano davvero necessari in una fase di transizione dall’alimentazione onnivora a quella vegana oppure se ne possa fare tranquillamente a meno e puntare solo su materie prime semplici e davvero naturali in linea con la stagionalità? Pensi che adesso essere vegano sia una moda e che la maggior parte delle persone che lo sono non abbiano davvero coscienza al 100% di che cosa sia uno stile di vita vegan?
R. Molto spesso si pensa che chi è vegan debba mangiare cose dai nomi strani e spesso impronunciabili (quinoa, tempeh, agar-agar, kombucha…). In realtà l’alimentazione vegana si basa su legumi (come piselli, lenticchie, fagioli, ceci…), cereali (come riso, orzo, farro, frumento, grano saraceno, miglio…), verdura, frutta, semi (come semi di zucca, di sesamo…) e frutta a guscio (come mandorle, noci, nocciole…). I prodotti pronti che scimmiottano quelli tradizionali (es. burger, wurstel, maionese vegetali) non sono affatto necessari per essere vegani, anche se sporadicamente possono essere comodi da utilizzare quando non si ha tempo. L’ideale sarebbe puntare su materie prime semplici, poco lavorate, meglio se di stagione e locali. Questo criterio credo valga non solo per chi ha fatto una scelta vegan, ma in generale. Personalmente utilizzo prodotti pronti circa 1 volta a settimana, quando proprio non ho tempo o mi voglio togliere uno sfizio. Quello che consiglio ai fan dei prodotti pronti è comunque di leggere sempre gli ingredienti in etichetta, perché non sempre vegetale è sinonimo di salutare. Sul fatto che la scelta vegan sia di moda, credo che sia ancora presto per definirla tale… ma se lo diventasse non mi dispiacerebbe affatto, perché vorrebbe dire comunque un grande cambiamento dei consumi e quindi del nostro impatto sul Pianeta e sull’ambiente!
D. Parliamo proprio di stile di vita: oltre all’alimentazione c’è di più! Spesso chi decide di diventare vegano si ferma solo a questo aspetto, per cui una volta eliminate le proteine animali dalla propria tavola si pensa che sia tutto finito. Essere vegani però vuol dire anche intraprendere un nuovo percorso scegliendo abiti e calzature che siano stati prodotti senza l’utilizzo di inserti di pelle o altri derivati animali, così come scegliere nuovi prodotti per la cosmesi etc: quali sono state le cose che mai avresti pensato potessero contenere o essere prodotte sfruttando in qualsiasi modo il mondo animale? Che consigli ti senti di dare a chi decide di diventare vegano ma pensa che basti appunto superare il “problema” alimentazione e che tutto il resto non sia altrettanto importante?
R. Il mio consiglio è quello di informarsi e approfondire sempre, a prescindere che si sia scelto di diventare vegan, vegetariani, flexitariani o altro. Per farlo ci sono ormai a disposizione tantissimi libri, documentari, blog. Per chi ha scelto di diventare vegan per ragioni etiche, ovvero per il rispetto della dignità della vita di tutti gli esseri viventi, credo che andare oltre il discorso dell’alimentazione sia un fatto naturale, cercando con i propri comportamenti di non contribuire a uccidere o torturare nessun animale. Nel mio caso è stato così, quindi per esempio non vado al circo né nei delfinari, non acquisto oggetti in pelle, cuoio, pelliccia, piume. Per chi ha intrapreso la scelta dell’alimentazione vegan per ragioni salutiste o legate all’impatto ambientale, la questione può restare relegata all’aspetto dell’alimentazione, senza coinvolgere nessun altro ambito. La motivazione che c’è dietro la scelta vegan in questo senso fa la differenza. Io non mi sento di giudicare nessuno, non credo esistano vegani di serie A o di serie B. Personalmente, quello che mi auguro per il futuro è un mondo in cui nessun essere vivente debba soffrire alle spese di qualcun altro. E’ un percorso che può richiedere del tempo, ma è assolutamente fattibile e abbiamo tantissimo da guadagnarci! Tra i prodotti che non mi aspettavo contenessero parti animali ci sono le caramelle gommose, che spesso contengono ‘gelatina alimentare’, ovvero una proteina che è il componente principale del tessuto connettivo degli animali (tendini, legamenti, ossa, cartilagini). La gelatina alimentare si ottiene normalmente dalla pelle dei maiali o di altri animali da allevamento. Più di recente l’industria si sta muovendo verso la gelatina di pesce… comunque in commercio esistono sempre più caramelle gommose con indicato sulla confezione ‘senza gelatina animale’. Un altro oggetto che curiosamente può contenere derivati animali (nella fattispecie caseina), sono i preservativi! In rete si trovano liste di preservativi cruelty free ?
Ringrazio nuovamente Lucia per aver deciso di scrivere con me questo lunghissimo post, tutte le foto e le ricette presenti in questo articolo sono tratte dal blog La Balena Volante, con il permesso dell’autrice.
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Blogger dal 2005, pasticcera professionista dal 2011 e mamma (quasi) a tempo pieno dal 2016! Creo contenuti digital e mi occupo di sviluppare ricette vegetariane e vegane per tutta la famiglia, e condividere consigli e tips per vivere green e sostenibile.
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