L’ingresso alla scuola media: un viaggio verso l’adolescenza.
Quando Gaia mi ha proposto di scrivere un articolo sull’ ingresso della scuola media ho pensato che molti di voi avrebbero voluto sentir parlare di tecnicismi e teorie, e io buona pedagogista. smonto ogni certezza e vi invito a guardare dentro voi stessi e al vostro passato. Oggi voglio chiedervi di chiudere gli occhi e tornare indietro nel tempo. Vorrei dirvi di mettervi comodi perché non sarà un articolo semplice e facile, ma crudo, chiaro e per certi versi forse spaventoso.
“Che stagione, l’adolescenza. Senti di poter esser tutto e ancora non sei nulla e proprio questa è la ragione della tua onnipotenza mentale. Non hai confini, l’immaginazione può spaziare ovunque.”
(Eugenio Scalfari)
Un salto indietro nel passato lo faccio anche io insieme a voi, chiudo gli occhi e torno agli anni della scuola media e credetemi: non vorrei ritornarci. Preferirei fare di nuovo la maturità quattro volte a scatola chiusa piuttosto che rivivere quei tre anni. Anni difficili, complicati, fatti di trasformazioni e sentimenti contrastanti. Tre anni che sembrano molti di più per quante sono le cose che cambiano e succedono in quei bambini non più bambini, in quelle bambine che giocano ad esser donne e a volte donne ci diventano troppo presto.
Una delle problematiche principali che vivono i genitori in questo periodo è proprio quella di fare fatica a riconoscere i propri figli.
Continuano a chiamarli bambini, quando di bambini non hanno già più nulla, o meglio, sono un misto tra bambini e ragazzi, e questo comporta la messa in atto di azioni altrettanto confuse e poco logiche. Lavorando nella scuola media da 4 anni ormai mi sono accorta di una cosa molto chiara: la logica non esiste, non è esistita per nessuno di noi a quell’ età, ciò che fanno questi bambini-ragazzi è comportarsi secondo il proprio istinto e le proprie emozioni.
Nell’articolo proverò ad andare con ordine. Cercando di affrontare i punti più importanti del passaggio all’ interno della scuola media, da quelli cognitivi a quelli più emotivi e psicologici.
AMBIENTE NUOVO, NUOVO MODO DI APPRENDERE.
La scuola media si presenta per i nostri bambini-ragazzi come un ambiente totalmente nuovo e diverso. Da aule colorate e organizzate magari in modo differente e più indirizzato alla socializzazione, si passa ad aule praticamente asettiche.
I banchi, solitamente, sono impostati in modo tale che l’apprendimento dei ragazzi sia a senso unico: l’insegnante parla, loro ascoltano.
In alcune classi i banchi sono unici, quindi non si ha nemmeno un compagno vicino al quale potersi appoggiare emotivamente, la concentrazione deve essere sempre alta e tesa a ciò che dice all’ insegnante.
Giusto o sbagliato? Ancora non so dirlo, so solo che il sistema scolastico italiano fatica a cambiare impostazione e di conseguenza anche il modo di insegnare e apprendere rimane sempre lo stesso.
Ogni anno, quando inizia la scuola, a me viene sempre un po’ da sorridere. Si spendono molti soldi per fornire le scuole di nuove tecnologie, corsi di formazione rispetto a nuovi bisogni educativi ed emergenze e poi si fa fatica a modificare le piccole cose, a spostare un banco, a spostare la cattedra dell’insegnate magari al centro della classe e non all’ inizio, a modificare l’impostazione dell’ambiente… e allora mi chiedo ogni anno come può migliorare l’apprendimento se non si è disposti a fare nessun cambiamento, se non si è disposti anche ad ascoltarli questi bambini-ragazzi.
Ormai si balla e i ragazzi sono in queste classi, con i diari della Smemoranda alcuni ed altri con quelli ancora dei super-eroi, con i loro zaini colorati e i punti di domanda negli occhi. Tanti insegnanti che cambiano durante il giorno, lezioni da 55 minuti, alcuni insegnanti disposti a rispondere alle domande, altri che appena suona la campanella scappano via. Insegnanti che entrano e che non si sa come regna il silenzio, altri che invece entrano ed è come se non ci fossero.
L’apprendimento dei ragazzi deve diventare veloce, istantaneo, c’è un programma da seguire e non c’è tempo. Iniziano ad esserci le interrogazioni, a volte tutti i giorni e le verifiche, a volte due insieme in una giornata e ci sono tutti i libri e tutti i quaderni da portare, tanti libri e tanti quaderni.
Nel corso degli anni ho osservato come molti ragazzi si dimenticano il materiale perché fanno affidamento sui propri genitori, per cui vi dico: cercate sin da quando sono piccoli di abituarli ad essere autonomi rispetto al materiale scolastico, per aiutarli potreste creare un piccolo calendario da appendere vicino alle mensole con i loro libri suddiviso per giorni e materie, in modo tale che DA SOLI si possano occupare delle loro cose.
La parte più difficile per i vostri ragazzi sarà imparare a gestire materiali e consegne.
Prima che si abituino ci vorrà qualche mese. Alcuni, riescono subito, altri ci mettono un po’ di più.
La mia indicazione è quella di non farli sentire degli incapaci con frasi troppo severe se non riescono ad entrare subito nelle nuove routine.
Cercate insieme a loro di trovare delle soluzioni, ma fatelo sempre INSIEME: non dovete esser voi a fare le cose al posto loro per velocizzare i tempi o per fare in modo che completino tutto quello che c’è da completare.
Ho ascoltato genitori che facevano i compiti al posto dei figli per evitare che prendessero un’insufficienza o una nota, ma se ci pensate bene è meglio che accada questo piuttosto che abituarli ad esser sempre salvati in calcio d’angolo da qualcun altro.
Ricordate che l’obiettivo principale è sempre l’AUTONOMIA, solo che ora si parla di un’autonomia diversa.
E’ l’autonomia di chi deve imparare a diventare grande e ad avere delle responsabilità, di chi fa delle scelte e avrà delle conseguenze, è l’autonomi necessaria per imparare a camminare sul sentiero della vita.
IL GRUPPO DEI PARI: GLI AMICI CHE I TUOI FIGLI SCEGLIERANNO TI DIRANNO MOLTO SU DI LUI.
(foto tratta da qui)
“Dimmi chi frequenti e ti dirò chi sei!”
Ho sempre ritenuto questo detto vero, anche se per quanto riguarda questo periodo della vita, sarebbe meglio dire: “Dimmi chi frequenti e capirò a chi vuoi assomigliare!”
Il periodo della scuola media è il periodo in cui i ragazzi ricercano il proprio gruppo di appartenenza, il gruppo di amici con i quali trascorrere non solo le ore scolastiche ma anche quelle pomeridiane, perché si cari genitori, vi toccherà farli uscire da soli e imparare a fidarvi di loro!
E’ semplice? NO! Mia madre, quando avevo 12/13 anni iniziò a pedinarmi al pomeriggio, ma ad oggi un po’ la ringrazio, perché aveva fiutato che qualcosa stava andando storto.
Non vi sto dicendo di pedinare i vostri figli per strada, ma vi sto dicendo che i vostri figli non sono ancora completamente capaci di distinguere cosa è giusto o sbagliato.
O meglio, potrebbero saperlo, ma in alcune occasioni, per essere accettati da altri pari, potrebbero commettere atti pericolosi e lesivi per sé stessi e per gli altri.
Il gruppo dei pari per i ragazzi di quest’età è la cosa più importante, perché è quello che gli permetterà di avere uno status all’interno della scuola.
Ogni gruppo dei pari è caratterizzato da comportamenti, modi di vestire e parlare e in casi estremi si può arrivare al totale conformismo.
Leggi anche -> Il Gruppo dei pari
Cercate di osservare gli amici che i vostri figli scelgono, le persone da cui decidono di essere circondati, perché, 9 volte su 10, quello che faranno questi ragazzi lo faranno anche loro. Credete agli insegnanti se vi dicono che i vostri figli hanno iniziato ad avere comportamenti diversi, sono i vostri occhi all’interno della scuola ed è necessario che instauriate con loro un rapporto di fiducia e complicità. Nella scuola media le cose funzionano come in una piccola giungla, vige la legge del più forte e siate consapevoli che esistono solitamente solo due gruppi: fighi e sfigati, e nella maggior parte delle situazioni, nel gruppo dei fighi, una linea del limite non c’è.
BULLISMO E CYBER BULLISMO
“Solo i ragazzi provenienti da famiglie devastate diventano bulli!”
Altra credenza comune di quasi tutti i genitori e insegnati. Mi dispiace. Devo contraddirvi.
Ci sono pre-adolescenti provenienti da famiglie con genitori molto attenti e a modo ma che anno una carica aggressiva molto elevata e nessun rispetto per gli altri compagni, o meglio, non per quelli fuori dalla loro cerchia.
Non sono qui a dirvi quanto il bullismo sia pericoloso, dovrei scrivere un articolo intero su questa tematica, ma sono qui per dirvi che bulli possono esserlo tutti, soprattutto oggi che ci sono le tecnologie che lo permettono.
Mettere un cellulare in mano ad un pre-adolescente ricordate che ha delle conseguenze e la prima di queste è ad oggi l’utilizzo dei social.
Social che connettono tutto con tutti, social che vengono usati con poca consapevolezza se non nessuna, social su cui, per legge, fino ai 14 anni nemmeno si potrebbe stare. Ma questo è il mondo in cui vivono i pre-adolescenti di oggi, il mondo virtuale, dove quasi ognuno di loro ha un’altra vita sconosciuta ai genitori. Conversazioni cancellate e messaggi inviati, ho visto con i miei occhi ragazzine in seconda media intraprendere conversazioni con sconosciuti e avere l’idea di incontrarli, ho avuto utenti che hanno subito minacce e ricevuto invece denunce per ciò che veniva detto o fatto sui social.
Il bullismo oggi ha una forma diversa: non è più solo quello degli sgambetti e delle merende rubate, ma è quello dei messaggi offensivi a tarda notte, delle frasi dette a bassa voce nelle orecchie per umiliare, schernire, ferire, e i ragazzi non ne parlano. Solitamente aspettano di toccare il limite oppure lo superano, con tutte le conseguenze che conosciamo.
Vi consiglio la lettura di questo libro: Mio figlio, tra bullismo e cyber bullismo ed Giunti.
COMPORTAMENTI DEVIANTI
Un comportamento è definito deviante quando esce dalle regole che sono presenti in una società o in un contesto, in questo caso la scuola.
E’ un comportamento deviante quello che porta a bruciare le tappe, quello che fa del male agli altri, quando si mette in pericolo anche la propria sicurezza.
La scuola media è luogo in cui, gran parte di questi avvenimenti accadono.
Sono stata presente quando una ragazzina si è auto-lesionata nel bagno, quando ragazzi più grandi della scuola superiore hanno cercato di spacciare droga ai più piccoli per racimolare qualche soldo, ero presente quando sul mio luogo di lavoro uno dei miei ragazzi è arrivato pieno di lividi e graffi e sono dovuti intervenire i carabinieri, quando, parlando di sesso si scopre che molti di loro già l’hanno provato, magari senza nessuna precauzione.
Il mio lavoro, il mio ruolo da educatrice, mi permette di entrare in contatto con queste realtà, la maggior parte delle volte, raccontate da loro stessi.
Credo che i ragazzi parlino con noi educatori perché non siamo troppo anziani ma nemmeno troppo giovani, e perché cerchiamo sempre di mantenere un’opinione che non sia un giudizio. Quando sento i loro racconti mi si spezza il cuore, capisco quanto di sé stessi stanno buttando via per apparire più grandi, per sembrare diversi, perché infondo non hanno guide stabili e sicure.
I comportamenti devianti sono pericolosi soprattutto per il ragazzo che li mette in atto, perché certi macigni poi, te li porti dietro per tutta la vita, e guarire traumi, sensi di colpa ed errori è molto più difficile e complicato di quello che può sembrare, rendendo il periodo futuro della scuola superiore ancora più difficile.
Cari genitori, non date mai per scontato che vada tutto bene.
Se i vostri figli non vogliono parlare, cercate di ascoltare i loro silenzi. Provate ad abbattere il muro della loro privacy e fate comprender loro che non sono soli.
Parlate. Parlate anche di questi argomenti difficili.
Del sesso, della droga, dei tagli sulle braccia, del bullismo… parlate di tutto questo anche se vi fa paura, perché loro ne hanno bisogno. Hanno bisogno di sapere se voi siete stati nel gruppo dei fighi o degli sfigati, hanno bisogno di sapere quali amici scegliere, come comportarsi. Hanno bisogno di impegnarsi neì loro studi per comprendere cosa scegliere per il loro futuro, hanno bisogno della vostra luce che li possa guidare verso la via del bene.
Cari genitori, non date mai per scontato che vada tutto bene, perché la maggior parte delle volte è da questo pensiero che iniziano i veri problemi.

Mi chiamo Irene, sono un’educatrice e pedagogista.
Per 5 anni l’Università degli Studi Milano Bicocca mi ha ispirata ed ospitata tra lezioni, laboratori ed esami, un percorso universitario il mio, che aiuta ad aprire il pensiero verso nuovi orizzonti.
Lavoro da quattro anni come educatrice presso scuole medie, elementari e centri aggregativi, dove ho lavorato accanto a minori con differenti patologie e diagnosi: disturbi specifici dell’apprendimento, disturbi psichici, disabilità fisiche e autismo.
Ho svolto servizi di assistenza domiciliare minori presso famiglie che vivono situazioni di grave difficoltà sociale e psicologica. Da un anno lavoro come pedagogista presso asili nidi e studi privati dove svolgo servizi di consulenza pedagogica e sostegno alla genitorialità.