Il cibo è vivo: breve viaggio alla scoperta della fermentazione

Da quando ho riaperto il blog dopo qualche anno in cui mi ero presa una pausa, ho scoperto un modo completamente nuovo e molto interessante di scrivere i post e condividerli in rete, oltre a restare qui nella mia casetta virtuale ho imparato a coinvolgere altre ragazze che come me hanno la passione a scrivere le proprie avventure sia culinarie che in altri ambiti per poter creare una vera e propria rete e stringere nuovi sodalizi! E’ decisamente stimolante potersi confrontare attivamente con altre persone con cui hai affinità e con le quali nascono interessanti scambi di idee e opinioni e soprattutto non avendo timore di farsi a avanti e chiedere di lavorare insieme, scopro ogni giorno la gioia di poter dare il via a collaborazioni che possono essere un ottimo punto di partenza per bellissimi progetti! Oggi ho il piacere di ospitare qui nel blog la mia amica Myriam Sabolla a cui ho chiesto la consulenza per scrivere tre post dedicati al magico mondo degli alimenti ( e preparazioni ) fermentati! Io sono sempre stata affascinata da questo mondo e mi sto informando, ma le mie competenze e conoscenze sono ancora davvero allo stadio elementare, però ho pensato che potesse essere interessante scrivere degli articoli che parlassero dei fermatati e così mi sono rivolta a Myriam che è decisamente molto più preparata di me!

Ecco chi è la mia co-autrice:
“Adoro le storie e da sempre mi piace raccontarle, con le parole e con le immagini. Genovese di nascita, milanese d’adozione con molti altri traslochi all’ attivo, sono spesso occupata a preparare il mio prossimo viaggio. Amo il cibo: quello da mangiare, quello da scoprire e da raccontare. Nel 2016 è uscito il mio primo libro di cucina, The Bagel Company.
Negli anni mi sono appassionata alla cucina naturale, vegetariana, vegana e macrobiotica (ma resto quasi onnivora): ne scrivo sul mio sito The Food Sister la fotografo su Instagram, la pratico nella mia cucina grazie anche agli insegnamenti della Joia Academy che ho frequentato nel 2017 e 2018.
Last but not least, sono la mamma di Adele e Clara, le mie piccola foodie.”
Passiamo ai fermentati adesso!?

Alle origini della fermentazione

Vino, birra, formaggio, prosciutto, crauti, yogurt, giardiniera: vi siete mai chiesti cos’hanno in comune? Questi alimenti, per niente esotici e reperibili sulle tavole anche degli onnivori più conservatori, sono tutti cibi vivi. O meglio, fermentati: dal latino fermentum, la parola ha una radice affine a fervere, bollire, muoversi. È una parola molto ricca dal punto di vista semantico, perché ai tradizionali processi alimentari – che trasformano il vino in uva, il formaggio in latte, ecc. – e che intuitivamente agitano e fanno ribollire queste sostanze, si intrecciano i significati di fervore, di inquietudine. Un processo vivo, quindi, che avvicina l’uomo e il microbo. Non solo. Come spiega Michael Pollan, nel suo saggio Cotto – da cui è stato tratto anche un bellissimo documentario in 4 puntate disponibile su Netflix – la fermentazione ha a che fare con il ciclo della vita, e in modo particolare con la terra che è l’elemento a cui apparteniamo:

         “È la terra […] ad alimentare e proteggere ogni fermentazione. La terra che si trasforma in vite e poi in vino, i semi di orzo in birra, il cavolo in crauti o kimchi, il latte in formaggio (o yogurt o kefir), i semi di soia in miso (o in salsa di soia, natto o tempeh), il riso in sakè, il maiale in prosciutto, gli ortaggi in sottaceti: tutte queste trasformazioni dipendono dall’attento controllo, esercitato da chi prepara l’alimento, sui fenomeni di putrefazione, dal portare la decomposizione di quei semi, quei frutti e quelle carni esattamente fino a un certo punto, e non oltre. Infatti, se il processo fosse lasciato a sé, lo sfregio della corruzione proseguirebbe, dilatandosi e approfondendosi fino a degradare completamente l’organismo in questione – il «substrato della fermentazione» –, restituendolo così alla terra quale supplemento di humus.”

Fermentare per conservare e per rendere commestibile

La scoperta della fermentazione è controversa, come tutto quello che risale a tempi estremamente lontani. Da una parte c’è sicuramente la cultura della conservazione, radicata nella storia umana come tecnica per mantenere, preservare, proteggere, trasportare, scambiare: l’idea alla base è quella di “salvare” un prodotto rallentando o arrestando o modificandone i processi vitali, in modo tale da mantenerne intatte le proprietà e non guastare il suo stato naturale, la sua freschezza, usandolo a distanza di luogo e di tempo.

Dall’altra parte, e forse ancora prima delle esigenze di conservazione, c’è anche la necessità di trasformare la materia prima per renderla commestibile: la fermentazione non solo conserva i nutrienti, ma li riduce anche in forme più facilmente digeribili. La soia è un buon esempio: un  cibo straordinariamente ricco di proteine, ma quasi indigeribile senza fermentazione. La fermentazione “spezzetta” la complessa proteina della soia in aminoacidi facilmente digeribili, e da lì nascono alcuni tradizionali cibi asiatici come il miso, il tempeh, e il tamari (la salsa di soia), divenuti ormai alcuni degli alimenti più comuni anche nella cucina vegetariana occidentale contemporanea. Senza andare troppo lontano, pensiamo anche ai due alimenti fermentati alla base della nostra civiltà, il vino e il pane. Quest’ultimo, in particolare, nasce proprio perché, nella trasformazione da società di cacciatori-raccoglitori a società di agricoltori stanziali, l’uomo deve trovare un modo per rendere il cereale non solo commestibile, ma anche nutriente. Cottura e fermentazione (lievitazione) sono i due processi che rendono questo possibile. [Spoiler alert: nel prossimo post ti racconto perché, oltre alla conservazione e alla neutralizzazione di sostanze nocive, la fermentazione apporti enormi benefici alla nostra salute.]

Come avviene il processo fermentativo

Ma cosa succede, in pratica, quando un cibo fermenta? Quando parliamo di fermentazione, dal punto di vista chimico, indichiamo una serie di processi di parziale demolizione di una sostanza organica, con accumulo di composti più semplici. Questa demolizione viene operata da microrganismi viventi che così traggono l’energia necessaria per il loro accrescimento e moltiplicazione.

La fermentazione – che viene utilizzata anche nell’ industria chimica e farmaceutica – si divide essenzialmente in due grandi categorie: anaerobica o anossidativa, ovvero quella che si svolge senza l’intervento dell’ossigeno su un substrato che è, generalmente, un carboidrato (es. fermentazione alcolica, glicerica, lattica); aerobica o ossidativa, vale a dire che si svolge con l’intervento dell’ossigeno: ha spesso come substrato una sostanza diversa dai carboidrati e, più che una trasformazione di tipo demolitivo, può considerarsi un’ossidazione (es. fermentazione acetica, citrica, fumarica).

In sintesi: la fermentazione trasforma la materia prima, la rende conservabile a lungo e la migliora nelle sue caratteristiche organolettiche e nutritive.

Fermentazione per principianti: lo yogurt fatto in casa

Di solito preferisco cercare di capire le cose partendo dalla pratica, secondo il metodo deduttivo. Se la chimica non è il tuo forte, comincia dallo yogurt!

Farlo in casa è estremamente semplice, ed è un ottimo modo per approcciare il mondo delle fermentazioni. D’altra parte, è un alimento con cui ormai abbiamo una tale familiarità da non dover temere sapori insoliti o strane reazioni.

In realtà lo yogurt è per noi un’acquisizione abbastanza recente, nonostante si abbiano testimonianze della sua presenza già nel 6000 avanti Cristo in Asia centrale. In seguito arrivò in Europa, nei Balcani, a partire dalla Bulgaria.

Solo ai primi del ‘900, però, il microbiologo russo Il’ja Il’ič Mečnikov riuscì ad isolare i microorganismi responsabili della fermentazione del latte e della sua trasformazione in yogurt: il Lactobacillus Bulgaricus e lo Streptococcus Thermophilus, due lactobacilli responsabili del processo di scissione del lattosio in galattosio e glucosio.

Vi ricordate quando raccontavo che la fermentazione in qualche modo “semplifica” i componenti degli alimenti rendendoli più digeribili? Il latte, per esempio, è di difficile digestione per molti. Ma molti intolleranti al lattosio riescono a mangiare tranquillamente lo yogurt. Perché?

I lactobacilli (un tipo di batteri presenti nei prodotti caseari fermentati insieme a molti altri tipi di fermenti) trasformano il lattosio, lo zucchero semplice del latte che molti non sono in grado di tollerare, in acido lattico più facilmente digeribile.

La ricerca medica sugli effetti dei cibi fermentati è ancora agli albori, ma alcuni studi sembrano dimostrare effetti positivi del Lactobacillus Bulgaricus e dello Streptococcus Thermophilus su una serie di condizioni:

  • malattie del fegato
  • raffreddore
  • dissenteria da antibiotici
  • sindrome del colon irritabile
  • dermatite atopica
  • rinite allergica
  • coliche
  • salute del cavo orale

Tornando alla nostra cucina, ecco come puoi creare il tuo yogurt a casa.

Ti servono:

  • 1 litro di latte intero fresco e biologico
  • 100 g di yogurt bianco intero biologico
  • una coperta di lana
  • un vaso di vetro pulito, che si chiuda con tappo a vite munito di valvola di sicurezza (i classici tappi per i vasetti di marmellata)

Versa il latte in un pentolino e portalo quasi quasi a ebollizione (82°C). Se non hai il termometro, osserva quello che succede sulla superficie del latte: quando iniziano a formarsi delle piccolissime bollicine vicino alle pareti della pentola, è il momento di spegnere.

Lascialo raffreddare fino a circa 40°-45°C (anche in questo caso, se non hai un termometro usa un metodo della nonna: se inserendo un mignolo nel latte riusciamo a contare fino a 10, la temperatura è quella giusta).

Trasferisci il latte nel vaso, aggiungi dello yogurt (sarà il tuo starter ), mescola delicatamente. Chiudi il vaso e avvolgilo con una o più coperte. Lascia riposare per otto ore al riparo da correnti e in un luogo caldo (anche dentro il forno spento).

Dopo circa 8 ore il tuo yogurt è pronto! Otterrai una consistenza piuttosto compatta, ma se lo vuoi ancora più denso puoi lasciarlo sgocciolare in frigo, in un tessuto appoggiato su uno scolapasta.

Ringrazio Myriam per il suo mega supporto e questo stupendo articolo, grazie anche per la “ricetta” di come preparare lo yogurt in casa, è davvero molto facile e potete anche utilizzare le yogurtiere che adesso si trovano facilmente in commercio (es. queste) a costi davvero molto contenuti! Un nuovo capitolo sui fermentati vi aspetta la prossima settimana!

Enjoy the green side of life!



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